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Rappresentazione visiva dell'articolo: In America la Fed alza i tassi, mentre l’Italia risparmia (e mette da parte) il gas

In America la Fed alza i tassi, mentre l’Italia risparmia (e mette da parte) il gas

Adriano Loponte

02 agosto 2022

Per combattere l'inflazione, mai così alta da decenni, la Federal Reserve americana nei giorni scorsi ha alzato i tassi di interesse dello 0,75%, portando il costo del denaro in una forchetta compresa tra il 2,25% e il 2,50%. 

Per la banca centrale americana si tratta del secondo aumento consecutivo dello 0,75%, in quella che è la mossa più aggressiva dagli anni Ottanta. Oltre all'aumento appena realizzato, la Fed in questi mesi ha già alzato i tassi di interesse di un quarto di punto in marzo, di mezzo punto in maggio e di tre quarti di punto in giugno.

“L'inflazione resta alta, riflettendo gli squilibri tra l'offerta e la domanda dovuti alla pandemia”, fanno notare dalla banca centrale Usa, che “è fortemente impegnata a riportare l'inflazione all'obiettivo del 2%”. La politica monetaria della Fed “rallenterà l'economia, ma è necessario”, ha sottolineato il presidente della banca centrale americana, Jerome Powell. Un altro rialzo forte dei tassi di interesse potrebbe essere approvato alla prossima riunione, ma dipenderà dai dati, rileva ancora Powell, sottolineando comunque che “a un certo punto sarà appropriato rallentare la velocità dei rialzi”.

 

 

Intanto, in Italia si è alle prese non solo con l’inflazione e l’aumento del costo della vita, ma anche con la gestione, il risparmio e stoccaggio del gas, visto che la Russia sta già tagliando le sue forniture.

Il ministro per l’Innovazione, Roberto Cingolani, è netto: non c’è altra strada che “tagliare, al minimo, ma farlo”, i consumi di case, uffici e fabbriche. Il piano d’intervento del ministro si basa sul presupposto che poche misure possono aiutare a superare l’emergenza invernale, periodo in cui la domanda schizza trainata dai consumi delle centrali termiche che alimentano i riscaldamenti.

Per risparmiare 2,5 miliardi di metri cubi l’anno, Cingolani fa riferimento a un’analisi realizzata dall’Enea che, se dipendesse da lui, convoglierebbe in un provvedimento. L’attuale situazione politica, con un governo dimissionario, gli impedisce di mettere nero su bianco che solo “abbassando le temperature dei termostati di 1 grado, da 20 a 19 gradi, e riducendo di un’ora al giorno il loro utilizzo” sarebbe possibile uscire dalla dipendenza verso Mosca nel tempo in cui è giusto farlo, cioè “in due anni, a metà del 2024”, come spiega il Corriere della Sera. Al momento non c’è l’urgenza di applicare questa tagliola, ma il prossimo governo, appena insediato, “dovrebbe farlo”. 

Le forniture russe continuano ad affluire, seppure ridotte di un terzo, al punto di ingresso di Tarvisio. Tra l’altro, il gas via tubo Mosca può venderlo solo all’Europa in queste quantità. Un potere negoziale lo avremmo, e invece, fa notare Cingolani, “ogni volta che si annuncia un taglio il costo per l’acquirente s’impenna consentendo a Mosca di guadagnare la stessa cifra vendendocene meno”.

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