Su un totale gestito di circa 300 miliardi di euro, le nostre Casse di previdenza e Fondi pensione investono solo il 4% delle loro risorse in capitale di rischio italiano, e una quota di meno dell'1% nei più promettenti Private market italiani (Pmi, Real estate e infrastrutture non quotate). Numeri ancora più piccoli sono quelli collegati al risparmio gestito privato, investiti in Private market italiani per meno dell'1% del totale.
Ciò la dice lunga sulla lungimiranza di certe scelte, strategie e investimenti. Sono tutti soldi e potenziali finanziamenti che se ne vanno dall’Italia, per creare valore e nuova crescita altrove.
Come sottolinea Claudio Scardovi, fondatore e amministratore delegato di Hope sicaf, in un recente articolo su Milano Finanza, “la grande tentazione dei Policy-maker globali e del nuovo governo di Giorgia Meloni è di continuare su questa strada, già ampiamente praticata: assecondare l'elettorato più anziano, sempre più numeroso e votante, finanziandone a piacere le spese previdenziali e anche altre”.
Come? Emettendo nuovi Btp (Long-term debt), comunque finanziati a basso costo dato l'eccesso di risparmio dei più vecchi (Savings' glut) e in continuità di sbilanci correnti (Deficit). “Il tutto reggerà, supportando il ciclo elettorale, se non per qualche momento anche quello economico”, denuncia Scardovi, “fino all'inevitabile implosione di un modello di finanza cattiva, miopicamente insostenibile e da salto nel vuoto, ai danni dell'economia reale, dell'inclusione sociale e dell'ambiente”.
Come invertire la rotta? Come incentivare le Casse previdenziali a investire sull'Italia? “La sfida possibile del nuovo governo deve essere il rigetto del modello di finanza cattiva, e il perseguimento di una finanza buona, con obiettivi Esg di incremento di produttività”, rimarca il fondatore e amministratore delegato di Hope sicaf.
Il manager finanziario indica di agire in questa direzione “per portare i risparmi italiani verso investimenti di capitale proprio (Equity) nel Paese, e per incrementarne la crescita e produttività, che sole possono permettergli di superare l'inflazione, battere la recessione e sostenere il costo, inevitabile, di una popolazione che invecchia”, e che dovrebbe farlo “come investitrice attiva dell'economia reale del Paese e non solamente come sottoscrittrice di Btp a rendimento reale negativo o di altri prodotti esterofili”.
Il suggerimento alla Premier in pectore è di “non cedere alle facili lusinghe delle defiscalizzazioni o contribuzioni, e di puntare, attraverso scelte di politica economica perseguite pragmaticamente con un mix di bastone e carota (vincoli minimi e incentivi) a portare il capitale di rischio degli italiani (specie di quelli più anziani) a investire nell'economia reale del Paese (a favore anche dei più giovani)”.
Ipotizzare che Casse e Fondi previdenziali “investano almeno un 10% del loro patrimonio nei Private market italiani è ragionevole, utile, redditizio e a valore aggiunto per tutte le parti sociali, generazioni e gruppi d'interesse di Destra e di Sinistra. Questo vincolo minimo recupererebbe solo una piccola parte dal precedente autofinanziamento del Tfr, rendendo idealmente Casse e Fondi Pensione più redditizi, meglio diversificati e meno soggetti al loro vero rischio sistemico, legato al debito di Stato”.
La stessa cosa dovrebbe avvenire per i privati cittadini, “sia pure in assenza di vincoli minimi imposti obtorto collo”, rileva Scardovi: “vanno convinti e condotti piuttosto, dal nuovo governo, quasi maieuticamente, a investire come azionisti nell'economia reale del Paese, con una più elevata redditività attesa e obiettivi di sostenibilità Esg”.
Con gli incentivi fiscali già esistenti (per esempio, per Pir Alternative) resi fruibili, con forme di assicurazione sull'eventuale perdita massima, e offerti a condizioni di mercato, da Mef e Cdp. E con l'evoluzione di norme regolamentari (vedi Mifid 2) che, nate con il giusto proposito di proteggere il risparmiatore Retail dalle truffe e dai prodotti finanziari troppo complessi e rischiosi, finiscono per escluderlo dalle migliori opportunità d'investimento, relegandolo al modello della finanza cattiva. Sono i cittadini infatti che, investendo meglio, possono ‘votare’ con le scelte allocative dei loro risparmi, per il futuro del Paese che vorrebbero.
