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Rappresentazione visiva dell'articolo: Elezioni nel mondo: in Brasile ha vinto la Sinistra di Lula, in Israele la Destra di Netanyahu

Elezioni nel mondo: in Brasile ha vinto la Sinistra di Lula, in Israele la Destra di Netanyahu

Adriano Loponte

10 novembre 2022

Alle elezioni presidenziali in Brasile che si sono svolte nei giorni scorsi, il risultato è stato incerto fino all'ultimo tra i due sfidanti, Jair Bolsonaro, leader dell’estrema Destra e presidente uscente, e Inácio Lula da Silva, icona della Sinistra e già presidente due volte.

Alla fine ha vinto Lula con il 50,9% dei voti, candidato del Partito dei lavoratori, 77 anni, è già stato alla guida del Paese dal 2003 al 2011. Per Bolsonaro una sconfitta al fotofinish: 60 milioni di voti per il vincitore, 58 milioni per lui e il suo motto “Dio, patria, famiglia” (non troppo originale). Dal canto suo, Bolsonaro è diventato così il primo presidente brasiliano a non venire riconfermato.

Come ha sottolineato La Repubblica, “Lula si prende la vittoria. Per lui è un grande ritorno. Segna un riscatto dopo tre anni di inferno: le accuse di corruzione, la gogna del processo pubblico, la dura sentenza a 12 anni, 580 giorni di carcere, i ricorsi, l'annullamento di tutte le condanne. Poi, la rinascita, la nuova corsa verso la presidenza”.

Appena eletto per la terza volta, ha rimarcato: “hanno cercato di seppellirmi vivo ma sono risorto. Oggi l’unico vincitore è il popolo brasiliano. Sarò il presidente di tutti: riuniamo la famiglia”. Poi l’ex sindacalista ha aggiunto: "il Brasile è pronto per lottare contro la crisi climatica e per la deforestazione zero dell'Amazzonia. Il pianeta ha bisogno di una Amazzonia viva: un albero in piedi vale più di tonnellate di legname estratto illegalmente”. E spiega: “la maggioranza del popolo ha lasciato detto chiaro che desidera più democrazia e non meno. Vuole più libertà, più uguaglianza e più fraternità”.

 

In Israele, invece, è stato l’ennesimo trionfo per Benjamin Netanyahu e la sua coalizione di (ultra)Destra. Ecco il quadro che esce dalle elezioni israeliane: il Likud di ‘King Bibi’ Netanyahu torna per distacco primo partito del Paese con 32 seggi. 

Ma a portare una quota cruciale di altri seggi decisivi per il nuovo governo è il blocco di estrema destra di Sionismo Religioso guidato da Itamar Ben-Gvir e Betzalel Smotrich. Con 14 seggi, è loro il vero exploit di questa tornata elettorale: ora puntano a fare l’ago della bilancia nel governo, ottenere ruoli chiave, e far valere tutto il loro peso sugli orientamenti del prossimo esecutivo. A completare la coalizione guidata da Netanyahu dovrebbero essere i partiti religiosi di Shas e Unità nella Torà, tradizionali alleati del Likud. Con 11 e 7 seggi rispettivamente, completerebbero la maggioranza di 64 deputati alla Knesset (il Parlamento israeliano, composto da una sola Camera da 120 seggi).

A 73 anni, Netanyahu riconquista quindi l’incarico di primo ministro d’Israele, una poltrona dove ha già seduto dal 1996 al 1999 e poi di nuovo ininterrottamente dal 2009 al 2021. Un ‘regno’ che gli è valso il primato di premier più longevo nella storia d’Israele.

A Sinistra, restano le macerie. Il partito laburista, per lunghi decenni pilastro dei governi d’Israele, vede ulteriormente decimata la sua rappresentanza – entra in Parlamento per il rotto della cuffia con appena 4 deputati –, mentre resta fuori dalla Knesset per la prima volta da trent’anni il Meretz. Lo spostamento a Destra dell’elettorato israeliano prosegue e si consolida.

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