Le elezioni americane di Midterm, metà mandato, si chiamano così perché si svolgono esattamente 2 anni dopo le elezioni presidenziali, esattamente a metà strada del quadriennio in cui resta in carica il presidente Usa – in questo caso il democratico Joe Biden – alla Casa Bianca.
E, proprio per questo, rappresentano una sorta di ‘esame’ della situazione e del consenso raccolto dal presidente, da una parte, e dall’opposizione, dall’altra. C’era grande attesa negli States per questa prova elettorale: ebbene, Biden ne esce abbastanza bene dalle elezioni di Midterm, e per ora può tirare un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo – dato che molti analisti politici prevedevano una ‘Caporetto’ per i democratici e un grande recupero dei repubblicani –, e può continuare ad accarezzare il desiderio di ricandidarsi tra 2 anni al termine del suo mandato.
Era stato annunciato come uno Tsunami, poi declassato a ‘onda rossa’ (come il colore dei Repubblicani). Alla fine il meteo politico delle elezioni di Midterm ha prodotto un ‘mare poco mosso’ che probabilmente non cambierà di molto le carte in tavola nella politica americana. Certo, la maggioranza alla Camera è passata nelle mani del GOP (Grand Old Party, come viene chiamato negli Stati Uniti il Partito Repubblicano), tuttavia non con le proporzioni pronosticate alla vigilia.
E al Senato si balla ancora sul filo del rasoio (decisivo sarà il ballottaggio in Georgia, il prossimo 6 dicembre). In sintesi: sembra che i Democratici abbiano resistito. Per Joe Biden si tratterebbe di una ‘non sconfitta’ che con qualche eccesso di ottimismo si potrebbe anche leggere come una vittoria: storicamente, alle elezioni di medio termine, il partito del presidente in carica perde dai 25 ai 30 seggi alla Camera (Biden invece ne ha persi meno di 10), e una manciata di seggi al Senato (dove ne ha addirittura guadagnato uno). Il che potrebbe, appunto, addirittura tramutarsi in un lasciapassare per una sua nuova candidatura nel 2024.
Invece per Donald Trump, in caso di mancata conquista del Senato, sarebbe una sconfitta, lui che aveva caricato la tornata elettorale come un’anteprima del suo prepotente ritorno sulla scena: non è andata così.
Trump, di fatto, non ha più il Partito Repubblicano in mano come in passato. La vittoria netta del suo competitor interno, l’italoamericano Ron DeSantis, riconfermato governatore della Florida, complica e molto i piani dell’ex presidente. Perché la sfida per la candidatura del 2024 sarà con ogni probabilità tra loro due: e DeSantis, 44 anni, definito dal Financial Times “Trump with brains” (il Trump con il cervello) parte tutt’altro che sconfitto.
La repubblicana Liz Cheney ha definito i risultati “una chiara vittoria per il ‘Team Normal’ e un rifiuto della tossicità, dell’odio, del vetriolo e di Donald Trump. Noi crediamo nella democrazia. Crediamo nel difendere la Costituzione e la Repubblica”. Spiega il Financial Times: il match fra Trump e DeSantis sarà una gara tra diametralmente opposti. “Uno, Trump, è un caotico governato dall’istinto e dall’intuizione, mentre l’altro, DeSantis, è un avvocato disciplinato che setaccia risme di dati e statistiche prima di fare un freddo calcolo. Uno è un donnaiolo, l’altro un padre di famiglia”. Oggi i sondaggi quotano Trump, ma due anni sono un’eternità: le cose potrebbero cambiare.
