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Rappresentazione visiva dell'articolo: L’Italia risparmia ma non investe

L’Italia risparmia ma non investe

Adriano Loponte

21 dicembre 2022

Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi hanno presentato l’Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2022. Ecco alcune evidenze e risultati: la quota delle famiglie risparmiatrici supera il 53%, avvicinandosi ai livelli pre-pandemia. Cresce la percentuale di reddito risparmiata: 11,5%, dal 10,9% del 2021. Rispetto al pre-Covid i depositi delle famiglie sono cresciuti del 13%, ossia di 135 miliardi di euro. Tuttavia, solo il 17% del totale risparmia avendo in mente uno scopo preciso: il 30% lo fa per ragioni puramente precauzionali. 

La sicurezza si conferma al primo posto tra le caratteristiche desiderate degli investimenti (57% del totale), seguita dalla liquidità. Tra le maggiori preoccupazioni spicca la valutazione del rischio delle diverse soluzioni di investimento (53%). Altre indicazioni rilevanti: continua la tendenza a tenere disponibilità liquide in eccesso per motivi precauzionali, ma la crescita dell’inflazione contribuisce a ridurre il grado di soddisfazione associato alla detenzione della liquidità. (E come potrebbe essere diversamente). 

Cresce il gradimento per il risparmio gestito: almeno un prodotto finanziario è presente nel 21% dei portafogli, sia pure con una forte differenziazione a livello territoriale. Si riduce la quota investita in obbligazioni (dal 29% al 23% dei portafogli), mentre resta bassa (sebbene in leggera crescita) la percentuale degli investitori in azioni (4,8%). Da segnalare il crescente interesse verso gli investimenti alternativi (39%), in particolare l’oro (25%) e i fondi etici-ESG (13%, che sale oltre il 22% tra i laureati).

Preoccupante, invece, la debolezza dei giovani sul fronte dell’alfabetizzazione finanziaria e assicurativa: solo il 2% si dichiara molto interessato ai temi dell’economia e della finanza.

 

“Forse non tutte le famiglie hanno compreso”, rileva Gregorio De Felice, Chief economist di Intesa Sanpaolo, “che con un tasso di inflazione al 10% avere soldi fermi e non investirli rappresenta un costo”, come riporta un articolo di MF-Milano Finanza. Per il sistema bancario, ha ammesso De Felice, “questo potrebbe anche non essere un male, ma l’eccesso di liquidità è sempre uno spreco”. Considerando la perdita dei depositi infruttuosi, che coincide col carovita, il capo economista si augura che si possa assistere “allo spostamento verso strumenti di investimento”. 

Molto dipenderà però da un altro aspetto, quello dell’educazione finanziaria, secondo quanto sottolineato dal presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro: “educazione finanziaria significa insegnare ai risparmiatori a valutare gli investimenti che hanno a disposizione”. Attualmente, ha aggiunto, “le famiglie preferiscono strumenti che ritengono a basso rischio, ma il rischio c’è sempre, va affrontato e gestito”.

In generale, rileva anche Giuseppe Russo, direttore del Centro Einaudi e curatore dello studio, gli italiani “non amano il rischio e preferiscono gli investimenti sicuri da sempre, ma rispetto al passato sanno che devono affrontarlo e che investire significa assumere un certo rischio”. Per questo, e qui trapela un certo ottimismo, “sono sempre più restii a muoversi senza un supporto professionale, e per questo il risparmio gestito è cresciuto per raccolta netta nonostante l’anno negativo per moltissimi rendimenti”.

 

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