Bolsonaro come Trump, Brasilia come Capitol Hill. Si può riassumere così quello che è successo in Brasile, e nella sua capitale, in questi giorni. I sostenitori e seguaci dell’ex presidente conservatore e di Destra, Jair Bolsonaro, sconfitto dall’icona di Sinistra, Luiz Inácio Lula da Silva, alle elezioni del novembre scorso, domenica 8 gennaio hanno preso d’assalto, invaso e devastato i palazzi dei tre poteri simbolo dello Stato: Parlamento, governo e Corte suprema.
Per un paio d’ore il popolo bolsonarista si è abbandonato a ogni tipo di devastazione negli edifici che si affacciano sulla Piazza dei Tre Poteri. Ricordando quanto fatto il 6 gennaio 2021 a Capitol Hill – la sede del Congresso Usa – dai seguaci del repubblicano Donald Trump, da poco sconfitto e sostituito dal democratico Joe Biden alla guida degli States, allo stesso modo i rivoltosi brasiliani hanno sfondato porte, infranto vetrate, sfasciato e saccheggiato le stanze e gli uffici del Potere.
L’assalto alle istituzioni, un tentato Golpe secondo molti, per alcune ore ha fatto vacillare la democrazia del gigante sudamericano, e dopo le incertezze iniziali è stato stroncato dalla polizia, che ha arrestato oltre 1.500 manifestanti pro-Bolsonaro.
Per cercare di capire come sia potuta accadere una cosa del genere, il Senato brasiliano costituirà una Commissione d’inchiesta parlamentare. Ma è un fatto che sia il governatore del distretto federale di Brasilia, Ibaneis Rocha, sia soprattutto il suo ministro della Sicurezza, Anderson Torres, uomo di Bolsonaro, avevano assicurato sul carattere “assolutamente pacifico” della mobilitazione. Uno dei giudici della Corte Suprema, Alexandre de Moraes, ha disposto la destituzione del governatore di Brasilia e ordinato lo sgombero degli accampamenti dei sostenitori di Bolsonaro, a Brasilia e nel resto del Paese. “Agiremo”, ha dichiarato la presidente della Corte, Rosa Weber, “affinché i terroristi che hanno partecipato a questi atti siano processati e puniti in modo esemplare”.
Il neo-presidente Lula da Silva ha quindi parlato al telefono con il presidente americano Joe Biden, e i due hanno discusso dell’assalto ‘golpista’ avvenuto a Brasilia. Biden ha promesso “sostegno incrollabile” a Lula, e lo ha invitato a Washington per l’inizio di febbraio.
“Le manifestazioni pacifiche, secondo la legge, fanno parte della democrazia. Invece, i saccheggi e le invasioni di edifici pubblici come avvenuti oggi, così come quelli praticati dalla Sinistra nel 2013 e nel 2017, sono illegali”, ha scritto Bolsonaro negando la propria responsabilità per l’assalto alle istituzioni. L’ex presidente nazionalista a fine dicembre è volato negli Stati Uniti e ieri è stato ricoverato in un ospedale vicino a Orlando, in Florida, per forti dolori addominali, riferisce il portale brasiliano O Globo, ricordando che, dall’intervento a cui si è sottoposto dopo l’accoltellamento del 2018, Bolsonaro è stato ricoverato altre volte a causa di dolori addominali. Ora in Brasile vogliono ripotarlo indietro e capire se e come ha avuto un ruolo in quanto è successo nei palazzi del Potere a Brasilia.
Per ora, la sommossa è stata neutralizzata, per ora Bolsonaro ne esce come Trump, e i tre palazzi delle istituzioni a Brasilia ne escono violati e devastati come due anni fa Capitol Hill a Washington. La democrazia americana ha tenuto, e bene, dopo il clamoroso assalto e lo Shock del momento. La democrazia brasiliana è per certi versi più fragile e più a rischio, ora vedremo se la somiglianza tra le due situazioni sarà tale anche nella soluzione dei fatti e dei successivi avvenimenti.
