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Il tasso della Banca centrale europea sale al 3,5%

Adriano Loponte

21 marzo 2023

Sono giorni di tensioni e burrasche sui mercati finanziari internazionali, ma la Banca centrale europea non si lascia smuovere dalle turbolenze e va avanti con il rialzo dei tassi programmato dal mese scorso. La Bce ha quindi aumentato il costo del denaro di 50 punti base portandolo al 3,50%, con una decisione che media tra falchi e colombe e lascia la porta aperta a cambi in corsa e interventi d'emergenza. 

Per ora, ha sottolineato la presidente Bce, Christine Lagarde, non c'è nessuna crisi di liquidità: le banche europee sono solide e poco esposte a Credit Suisse, la banca svizzera che ha riportato il panico sui mercati del Vecchio Continente. Ma Francoforte resta in allerta, pronta ad agire per preservare la stabilità finanziaria oltre a quella dei prezzi, e per questo evita di dare indicazioni sui rialzi futuri: tutto dipenderà dall’evoluzione delle prossime settimane. 

La decisione dell’Eurotower lascia ancora insoddisfatto il governo italiano: “la Bce non si sta muovendo nella giusta direzione, anche se c'è stato un inizio di ripensamento. A nostro giudizio non è un buon modo di affrontare l’inflazione”, rimarca il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani.

C’è poi da evidenziare il tramonto definitivo della cosiddetta ‘forward guidance’, cioè il riferimento alle mosse future, strumento criticato dalle colombe che non vogliono legarsi le mani prima di vedere gli effetti dei rialzi sull'economia reale. “Non è possibile in questo momento determinare su quale sentiero andremo avanti" sui tassi, ha detto Lagarde, perché l'incertezza resta molto alta e costringe a muoversi esclusivamente "in base ai dati". In realtà, i segnali sul fronte dell'inflazione non sono ancora buoni. La previsione è di un tasso "troppo elevato per un periodo troppo prolungato".

 

Gli analisti della Banca centrale europea prevedono: l'inflazione sarà al 5,3% nel 2023, per poi scendere al 2,9% nel 2024 e al 2,1% nel 2025. Dopo le turbolenze sui mercati scatenate prima dal fallimento dell’americana SVB (vedere il Blogpost del 15 marzo) e poi dal tracollo in Borsa di Credit Suisse, l’attenzione dei banchieri centrali si è spostata anche sul rischioso terreno della stabilità finanziaria. Per questo la Bce ha subito messo nero su bianco la determinazione a “intervenire ove necessario”, non solo per preservare la stabilità dei prezzi ma anche quella finanziaria.

Per la presidente Lagarde, i tassi non sono l'unico strumento per combattere l'instabilità: “anche in passato" la Bce ha "dimostrato creatività", e farà lo stesso se dovesse servire di nuovo liquidità alle banche. Ma per ora non serve, perché “il settore è molto, molto più forte del 2008”. 

Inoltre, si cominciano a vedere i primi effetti della stretta monetaria avviata a luglio scorso: i prestiti a imprese e famiglie calano ancora, si è ridotta la domanda interna del settore privato, consumi e investimenti si comprimono. Nonostante tutto, l'economia regge: la Bce prevede un Pil di Eurolandia in crescita dell'1% quest'anno, contro lo 0,5% del 2022. Segno che la politica monetaria sta funzionando e il percorso dei rialzi potrebbe attenuarsi. E Lagarde rileva: “sebbene l'economia resti debole, ci aspettiamo una ripresa nei prossimi anni”.

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