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Rappresentazione visiva dell'articolo: In Turchia Erdogan vince ancora, ma ora ‘il sultano’ è un po’ meno forte

In Turchia Erdogan vince ancora, ma ora ‘il sultano’ è un po’ meno forte

Adriano Loponte

05 giugno 2023

Il ballottaggio delle elezioni presidenziali in Turchia ha dato il suo verdetto: Recep Tayyip Erdogan è stato riconfermato presidente della Repubblica, dopo già vent'anni al potere. Non a caso definito ‘il sultano’, ha vinto per la terza volta l’elezione diretta a capo dello Stato con il 52% dei voti, sostanzialmente la stessa percentuale dei due precedenti appuntamenti elettorali ma questa volta al secondo turno. 

L’ampio fronte di opposizione guidato da Kemal Kilicdaroglu non ce l’ha fatta, fermandosi al 48%, ma ha costretto Erdogan a vincere al ballottaggio, come mai era successo nelle passate elezioni. E ha sfiorato un'impresa storica. Erdogan è riuscito a vincere mantenendo la sua base elettorale e guadagnando anche i voti che aveva ottenuto al primo turno Sinan Ogan, il politico di destra nazionalista che con poco più del 5% dei consensi si era classificato terzo e ha poi deciso di appoggiare il presidente uscente al ballottaggio. Che ha visto un’alta affluenza alle urne, pari all'87% degli aventi diritto, con quasi 54 milioni di cittadini turchi che si sono recati ai seggi.

Mentre Erdogan ora guarda già alle elezioni locali del 2024, dove punta a riconquistare Istanbul e Ankara che aveva perso con il voto di cinque anni prima, incassa il sostegno di Putin, di Orban, del Qatar, dell'Azerbaigian, del Pakistan, degli Emirati Arabi Uniti e dell'Arabia Saudita. Insomma, non proprio un convegno di Paesi democratici e libertari. Non proprio un’ottima compagnia. 

 

“La nostra gente ci ha dato ancora fiducia, sarà il secolo della Turchia", proclama il capo dello Stato riconfermato dal voto popolare, che però dovrà guidare un Paese spaccato a metà. A differenza della vittoria di cinque anni fa, il presidente turco si troverà costretto a dare risposte su problemi che si sono aggravati negli ultimi tempi, come il difficile rapporto con l'Occidente, considerando anche che Ankara non ha ancora dato il via libera all'ingresso della Svezia nella Nato.

E dovrà affrontare una situazione economica molto fragile, con un'inflazione che è sopra il 43% e alla fine del 2022 aveva superato l'80%, toccando i livelli più alti dei precedenti vent'anni, mentre la lira turca ha toccato nei giorni scorsi un ennesimo record negativo rispetto al dollaro. La questione dei migranti siriani che ospita la Turchia, quasi 4 milioni di persone arrivate dopo l'inizio del conflitto civile nel 2011, è destinata a essere un altro tema caldo per la futura amministrazione del Paese. Erdogan ha promesso che un milione di loro torneranno “volontariamente” in patria, ma il presidente siriano Bashar al-Assad, con cui sta cercando da mesi una riconciliazione dopo avere rotto i rapporti oltre dieci anni fa, ha chiesto esplicitamente che le truppe di Ankara lascino il Paese. È la precondizione per normalizzare i rapporti e preparare il terreno per il ritorno dei rifugiati. 

 

Il leader dell'opposizione sconfitto ha invece denunciato alcuni aspetti della campagna elettorale che è stata criticata dagli osservatori come iniqua, dato il dominio del governo sui media. “È emersa la volontà del popolo di sostituire un regime autoritario nonostante tutte le repressioni”, ha rimarcato Kilicdaroglu, “il nostro cammino continua", ha aggiunto, promettendo che "lavoreremo per una Turchia più democratica". La fiducia in Erdogan, il timore di metà della popolazione di ritrovarsi senza una guida in un Paese in perenne emergenza sono state le chiavi della vittoria, ieri e oggi. “Fiducia e timore che hanno prevalso al fotofinish sulla voglia di cambiamento di cui si è fatto carico lo sfidante Kilicdaroglu a cui non sono bastati l'inflazione, l'economia a pezzi e la carta nazionalista e anti migranti per detronizzare un leader che, nel bene e nel male, ha segnato per sempre la storia di questo Paese”, fa notare l’agenzia di stampa Agi.

Anche la crisi economica, la perdita di valore della lira turca, il caro vita, diversi problemi arrivati alla pancia del Paese si sono tramutati in una perdita di voti non sufficiente a farlo perdere, perché nella maggior parte della popolazione è rimasta la percezione che nessuno meglio di lui possa risolvere i problemi. Ma ora il Paese è più che mai diviso in due.

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