La visita del premier indiano Narendra Modi a Washington non è stata una visita qualunque soprattutto perché non avviene in un momento qualunque. Gli Stati Uniti corteggiano il primo ministro indiano, il cui sostegno è ritenuto cruciale in un momento di tensioni economiche e geopolitiche a livello globale.
Con 1,4 miliardi di abitanti, lo scorso anno l’India ha strappato il primato alla Cina di Paese più popoloso del mondo ed è ormai la quinta economia a livello globale. Una crescita vigorosa, sia a livello economico che geopolitico, che ne fa un Paese impossibile da ignorare.
I temi più caldi sono numerosi: dalla cooperazione industriale al clima, alla tecnologia, le telecomunicazioni, e la sicurezza nell’Indo-Pacifico, ovviamente in chiave anti-cinese. A Washington, c’è un consenso bipartisan sul fatto che l’India debba diventare un contrappeso geopolitico, e persino economico, al dominio della Cina nella regione indo-pacifica. È la questione del ‘Global South’ di cui l’India si candida a ricoprire il ruolo di guida ‘naturale’.
In molti sottolineano anche i limiti evidenti delle relazioni Usa-India. Il primo è indubbiamente la Russia, argomento ‘sensibile’ tra India e Stati Uniti. La Newsletter dell’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale, sottolinea: i legami storici con Mosca, che fornisce quasi l'80% della difesa e delle armi indiane, hanno fatto sì che Modi si rifiutasse di condannare l'invasione dell'Ucraina di Vladimir Putin, assumendo invece una posizione neutrale, e diventando il più grande acquirente di petrolio russo a buon mercato. Sebbene ci sia stato un iniziale rifiuto da parte di Washington, sembra che l'amministrazione Biden abbia accettato la relazione profondamente radicata dell'India con la Russia.
Si prevede che tra meno di un anno, nelle prossime elezioni generali, Modi vincerà un terzo mandato e la sua popolarità è in parte attribuita all'immagine di leader rispettato e corteggiato e che ha reso l'India un attore di primo piano sulla scena mondiale.
Eppure, alla vigilia del suo arrivo negli Usa, oltre 70 parlamentari democratici hanno esortato il presidente Joe Biden a sollevare la difesa dei valori democratici e dei diritti umani con il primo ministro indiano, citando “segnali preoccupanti in India verso la riduzione dello spazio politico, l'aumento dell'intolleranza religiosa, il targeting di organizzazioni della società civile e giornalisti e crescenti restrizioni alla libertà di stampa e all'accesso a Internet”.
Negli ultimi anni l'India di Modi è diventata pericolosa per le oltre 200 milioni di persone che appartengono a minoranze religiose dell’India, poiché i suoi sostenitori, perlopiù estremisti di destra, hanno fomentato tensioni religiose con l'obiettivo di imporre la supremazia indù sulla democrazia, costituzionalmente laica. A marzo, Rahul Gandhi, il più noto leader dell'opposizione indiana e principale rivale di Modi, è stato giudicato colpevole di diffamazione e condannato a due anni di carcere. Ha presentato ricorso e finora è rimasto libero, ma la condanna ha permesso agli alleati di Modi di estrometterlo dal Parlamento del Paese.
