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Spagna in stallo politico, dopo le elezioni non c’è una maggioranza

Adriano Loponte

28 luglio 2023

Il Partito Popolare (Pp), guidato da Alberto Ninez Feijoo, ha vinto le elezioni in Spagna, totalizzando il 33% dei voti. Ma la mancanza di una netta maggioranza, soprattutto a causa della sconfitta dell’estrema destra di Vox, e della tenuta del Psoe (il Partito Socialista spagnolo, con il 31,7% dei voti), prefigura una fase di stallo per la politica spagnola. 

Il blocco delle destre si ferma a quota 169 seggi in Parlamento (136 il Pp e 33 Vox), lontana dai 176 seggi necessari per la maggioranza assoluta. Di questa situazione trarrà vantaggio il premier uscente, il socialista Pedro Sanchez, che con ogni probabilità riuscirà a portare avanti il semestre di presidenza del Consiglio Ue da una posizione di maggiore forza. 

In un commento pubblicato da Ispi (l’Istituto per gli studi di politica internazionale) e firmato da Leonida Tedoldi, professore di Storia delle relazioni internazionali all'Università di Bergamo, si rimarca che “si è definito uno stallo che però non potrà che favorire il presidente del governo uscente. In sostanza, i popolari hanno aumentato il loro consenso elettorale, raggiungendo il 33% dei voti, ma non hanno conseguito gli obiettivi, soprattutto la ‘spallata’ al ‘sanchismo’, invocata spesso dal leader del Pp Alberto Feijòo, e prevista dai sondaggi” (che sono stati smentiti dalle urne elettorali).

 

Se il Partito Popolare è quello che ha ottenuto il maggior numero di voti, ha però eroso, con una certa sorpresa, anche parte di quelli di Vox, il partito di estrema destra, depotenziando anche la spinta della destra nel suo complesso. Infatti, i voti reali dei due partiti di destra non sono riusciti ad andare al di là del solito bacino elettorale. Sono segnali che potrebbero indicare uno stallo nella crescita generale di quella parte politica. 

Sul fronte opposto, il Partito Socialista (31,7% dei voti) si è fermato a 1,4 punti percentuali di differenza dai popolari. La direttrice dell’Istituto Affari Internazionali, Nathalie Tocci, sottolinea che il dato di fondo è che “pur essendo arrivato secondo il Psoe di Sanchez è fra i due principali partiti spagnoli quello che ha maggiori possibilità di creare una coalizione, anche se in realtà l’ipotesi più accreditata è quella di un ritorno alle urne”.

Fa notare Tocci: “una vittoria chiara del Partito Popolare avrebbe accreditato la narrazione dello spostamento a destra dell’Europa, una storia iniziata con l’Italia, proseguita con Grecia e Finlandia, e prevista anche per i prossimi appuntamenti elettorali di Polonia e Slovacchia. A oggi, e con la Spagna, questa tesi è stata smentita: ogni Paese ha una storia specifica e la realtà è più complessa delle narrative sugli spostamenti a destra”.

 

Se dunque è difficile trovare un chiaro vincitore in queste elezioni, tutti gli analisti sono concordi nell'indicare in Santiago Abascal e nel suo partito di estrema destra Vox gli sconfitti. La formazione ha perso un terzo dei propri seggi nel Parlamento, passando dai 52 ottenuti nel 2019 a poco più di trenta, e rinunciando quindi a diventare un socio di minoranza significativo di un governo a trazione popolare. 

L’arrivo di un nuovo governo con Vox avrebbe infatti garantito alle coalizioni di destra europea, secondo quanto stima El País, un enorme peso in sede di Consiglio europeo, con più del 35% dei voti, superando la soglia che permette di bloccare le iniziative della Commissione Europea. La battuta d’arresto spagnola spezza invece un’onda di successi continui dei partiti conservatori al governo in Italia, Polonia, Ungheria e Czechia, e con peso considerevole in Finlandia e Svezia. Questo dovrebbe permettere a Ursula von der Leyen una fine di mandato più lineare, garantendole di portare a termine le proprie proposte in temi chiave come la transizione energetica.

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