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Rappresentazione visiva dell'articolo: Crédit Agricole–Banco Bpm: il dossier che può cambiare il futuro del credito in Italia

Crédit Agricole–Banco Bpm: il dossier che può cambiare il futuro del credito in Italia

Adriano Loponte

20 novembre 2025

Crédit Agricole esce allo scoperto e rimette al centro del dibattito finanziario italiano la questione più delicata del momento: il futuro di Banco Bpm e il ruolo dei gruppi esteri nel risiko bancario nazionale. Con la presentazione del piano strategico Act 2028, l’ad Olivier Gavalda ha chiarito che una combinazione industriale con Banco Bpm sarebbe valutata “favorevolmente” e rappresenterebbe una naturale estensione del progetto francese in Italia, un Paese ormai considerato colonna portante della strategia europea del gruppo. Il messaggio è netto: Crédit Agricole non è un azionista tattico, ma punta a giocare un ruolo da protagonista nella costruzione del terzo polo bancario italiano, mantenendo una logica di lungo periodo e una presenza stabile e crescente sul territorio. L’interesse per Banco Bpm nasce da motivazioni industriali più che speculative: sinergie operative, integrazione delle reti, maggiore massa critica nel credito alle imprese, rafforzamento della bancassicurazione e capacità di investire in tecnologia e intelligenza artificiale, elementi oggi cruciali per sostenere la redditività in un settore che, dopo i picchi dei margini da tassi, tornerà a confrontarsi con un equilibrio più complesso. Dall’altra parte, il gruppo guidato da Castagna mantiene una posizione prudente: riconosce il potenziale industriale di una fusione, ma non ha ancora messo sul tavolo una proposta, anche perché un’operazione di questo tipo si muove dentro un perimetro politico molto sensibile. Il governo ha già fatto ricorso ai poteri speciali di golden power in operazioni considerate “strategiche”, e proprio questo istituto è ora al centro di una procedura di infrazione che Bruxelles si prepara ad aprire contro l’Italia, contestandone l’uso estensivo e talvolta poco trasparente. Se la Commissione dovesse effettivamente intervenire, il quadro regolamentare per operazioni transfrontaliere potrebbe cambiare, riducendo la discrezionalità politica e accelerando – o complicando – i tempi di un’eventuale combinazione. Sullo sfondo, si muovono anche altri attori del sistema: Unicredit osserva, Mps resta una variabile politica aperta, Bper attende le prossime mosse del mercato. Una eventuale fusione tra Agricole e Banco Bpm produrrebbe un gruppo di dimensioni tali da riposizionare gli equilibri dell’intero sistema, con effetti non solo patrimoniali ma anche competitivi. La presenza francese in Italia, già forte nel credito al consumo e nell’assicurativo, raggiungerebbe una massa critica inedita, mentre per Banco Bpm si aprirebbe la via a un salto dimensionale difficile da raggiungere organicamente nei tempi richiesti dal mercato. Per gli azionisti il tema è doppio: da un lato la possibilità di un premio, qualora si passasse da dichiarazioni di disponibilità a un’offerta concreta; dall’altro il rischio che le indiscrezioni di questi mesi abbiano già incorporato una parte significativa di questo valore nelle quotazioni. Per famiglie e imprese, invece, la domanda cruciale non riguarda la geopolitica bancaria, ma la qualità del servizio: un grande gruppo può garantire più stabilità, più gamma di prodotti e più capacità di innovazione, ma ogni fusione comporta inevitabilmente una fase di transizione, razionalizzazioni di filiali, cambi nei processi e nel modello relazionale. Per questo l’attenzione degli investitori deve andare oltre il rumore del risiko. Uno scenario di consolidamento è coerente con un settore che, una volta superata la fase dei margini straordinari da tassi Bce elevati, tornerà a misurarsi con la necessità di efficienza strutturale e investimenti tecnologici sempre più onerosi. Ma la sostenibilità di lungo periodo non dipende dalle operazioni straordinarie, bensì dalla capacità degli istituti di generare utili ricorrenti, gestire il rischio di credito e mantenere solidi livelli di capitale. In questo quadro, la mossa di Crédit Agricole è un segnale forte: i francesi sono pronti. La palla passa ora a Banco Bpm, al governo e – indirettamente – a Bruxelles, che con il dossier golden power potrebbe determinare i confini entro cui si giocherà la prossima fase del risiko italiano. Per gli investitori, la bussola resta invariata: evitare di inseguire i titoli solo sulla base delle indiscrezioni e valutare invece la solidità, la governance e la capacità strategica degli istituti. Perché il risiko muove i prezzi nel breve, ma la creazione di valore – quella che davvero conta – appartiene sempre al lungo periodo. 

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